Appare opportuno segnalare un caso concreto di cui recentemente lo studio ha curato la trattazione e che ha una notevole incidenza sul piano concreto in quanto investe tutta una serie di fattispecie che molto spesso si verificano per i proprietari di immobili e terreni ovvero a chi spetta la custodia e manutenzione delle pertinenze (ponti, passerelle ecc.) dei beni demaniali che si trovano all’interno della proprietà provata.
La fattispecie concreta riguardava un ponte sovrastante il fiume “Era” sito all’interno di una proprietà privata sita nel Comune di Volterra
Il ponte, a causa delle forti piogge e dei fenomeni di esondazione del fiume “Era” era stato notevolmente danneggiato e necessitava di interventi di manutenzione e ristrutturazione, peraltro di notevole entità economica.
Il proprietario si è rivolo allo studio legale Bulleri per valutare a chi spettasse gli oneri di curare i lavori di ristrutturazione del ponte.
La questione si presentava piuttosto intricata sia sul piano giurisdizionale sia sul piano sostanziale.
A tal proposito giova ricordare che, come noto, l’art. 822 c.c. prevede che “appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico (…) i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia (…)”.
Risulta, pertanto, inequivocabile ed incontestabile la natura demaniale del fiume; demanialità che, nel caso di specie, si estendeva anche alle pertinenze che insistevano sul fiume in questione, segnatamente, al ponte in questione.
Sul piano giurisprudenziale provvedimento assai rilevante che ha avuto un notevole impatto sulla materia è rappresentato la sentenza del Consiglio di Stato n. 5337/2013 ha ribadito la natura pertinenziale del ponte rispetto al corso d’acqua, richiamando il principio, già sancito dalla sentenza n. 33983/2010, emessa dal TAR Lazio, secondo cui “il ponte è opera accessoria che, quando anche sia stata costruita ab immemorabile da privati, e sia stata utilizzata da privati, nondimeno rientra nell’ambito del demanio idrico in quanto opera accessoria e pertinenziale al corso d’acqua. (…) Senonchè la funzione principale ed essenziale di un ponte realizzato su un fiume, torrente o corso d’acqua, è appunto il suo scavalcamento e quindi è innegabile che l’opera costituisca anzitutto e in modo fondamentale una pertinenza del bene demaniale, essendo posta a durevole servizio di questa, e a questo incorporata attraverso l’appoggio stabile sulle sue sponde oltre che in relazione alla sua insistenza sullo spazio verticale sovrastante l’alveo del corso d’acqua pubblica (…)”.
Il medesimo principio era peraltro già stato sancito anche dalla Suprema Corte di Cassazione che aveva affermato come “fanno parte del demanio idrico gli immobili che assumano natura di pertinenza del medesimo demanio per l’opera dell’uomo, in quanto destinati al servizio del bene principale per assicurare allo stesso un più alto grado di protezione” (Cass. 12701/1998).
In virtù di quanto sopra, appare di tutta evidenza come sia la giurisprudenza amministrativa sia quella di legittimità risultavano pacifiche ed univoche nel riconoscere e ritenere la natura pertinenziale e quindi demaniale del ponte rispetto al corso d’acqua.
A questo punto, chiarito il regime demaniale delle pertinenze sul corso d’acqua e quindi le conseguenti responsabilità, occorre dirimere l’annosa problematica della giurisdizione applicabile tra giudice amministrativo e giudice ordinario.
A tal proposito giova ricordare l’iter procedimentale che la fattispecie ha seguito.
In primo luogo occorre sottolineare come la Regione Toscana, al momento del ricorso, non aveva dato attuazione al D.lgs. 85/2010 per cui i beni risultavano ancora nella sola disponibilità dello Stato.
I ricorrenti hanno pertanto orientato le proprie pretese nei confronti del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il quale, come purtroppo spesso accade quando è coinvolta l’Amministrazione dello Stato, è rimasto del tutto inerte.
Risultando la via giudiziale inevitabile si è posto il problema di individuare il Giudice competente a decidere sulla questione. Da un lato, infatti, la situazione giuridica soggettiva del proprietario dell’immobile si poteva inquadrare come interesse legittimo in virtù della posizione di uso speciale del ponte che costituiva, nella fattispecie concreta, l’unico accesso dalla pubblica via ai propri beni presso cui il medesimo risiedeva (cfr Cass. 11242/2003, 17382/2005, 7765/1999).
Il proprietario dell’immobile, infatti, trae dal ponte un’utilità diversa e maggiore di quella accordata alla collettività, non limitandosi a transitarvi, bensì utilizzandolo come tramite per l’accesso alla propria proprietà (ove insistono sia le unità immobiliari destinate a civile abitazione in cui i ricorrenti risiedono sia un’azienda agricola), senza bisogno di costituire una servitù di passaggio.
Per tali motivi si poteva ritenere sussistente una posizione di interesse legittimo nei confronti della Pubblica Amministrazione proprietaria del ponte (cfr. Cass. 11242/2003, 17382/2005, 7765/1999) tale da giustificare un ricorso avverso il silenzio della Pubblica Amministrazione ai sensi degli artt. 117 e 30 e 31 D.lgs. n. 104/2010.
Sulla base di tali presupposti il TAR Toscana si esprimeva con la sentenza n. 2084/2014 che dichiarava inammissibile il ricorso (compensando le spese) in quanto “Non rientra in tale ipotesi la lamentata omissione di un’attività materiale, come nel caso di specie: la ricorrente ha infatti contestato la mancata materiale esecuzione di opere di riparazione e manutenzione del ponte, evidenziando le precarie condizioni del medesimo, a nulla rilevando, a fronte di tale situazione, l’eventuale emissione o meno da parte del Ministero, dei necessari provvedimenti formali, rispetto all’inattività mantenuta con riferimento alla concreta realizzazione delle opere in questione (TAR Puglia, Bari, 1928/2012). La posizione giuridica dei ricorrenti è costituita da un interesse di fatto al ripristino dello stato dei luoghi, ovvero dall’interesse generale a che l’Amministrazione adoperi al meglio i propri poteri; né la posizione di frontisti, ovvero il maggior vantaggio che essi trarrebbero dall’auspicato intervento dell’Amministrazione, induce a ritenere che rilevi un interesse legittimo in capo agli stessi” individuando pertanto nel Giudice Ordinario l’Autorità competente a decidere la questione per la tutela di interessi costituzionalmente garantiti quali la salute, l’integrità e l’incolumità fisica ed il diritto di proprietà stesso[1].
Sulla scorta di tale provvedimento lo studio agiva dinanzi al Tribunale di Firenze con ricorso ex art. 700 cpc a causa del contestuale aggravamento dello stato del ponte che veniva dichiarato inagibile dai Vigili del Fuoco.
Con ordinanza del 8.05.2015 il Tribunale di Firenze, in accoglimento del ricorso, ordinava al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti di compiere tutte quelle attività materiali necessarie per il ripristino dell’agibilità del ponte, con condanna alle spese legali.
Le vicende sopra descritte hanno consentito di chiarire due principi fondamentali: sul piano sostanziale la sussistenza degli obblighi e degli oneri di custodia e manutenzione delle pertinenze insistenti sui beni demaniali gravano sulla Pubblica Amministrazione; sul piano giurisdizionale, in presenza di inerzia della Pubblica Amministrazione, il giudice competente deve essere individuato nel giudice ordinario in quanto non può essere demandato al giudice amministrativo l’ordine di compiere un’attività materiale all’interno del procedimento avverso il silenzio della P.A..
Il risultato è stato estremamente positivo per il proprietario dell’immobile che si è visto ristrutturare il ponte sul fiume “Era” a cura e spese dello Stato.
[1] Giova sottolineare infatti che il TAR Toscana, con la sentenza citata, richiamando la sentenza del TAR Lazio – Latina n. 527/2007 ha voluto ribadire che “Resta inteso che è fatto obbligo dell’amministrazione comunale di mantenere la strada in perfette condizioni di transito, onde assicurare la sicurezza dei pedoni e delle autovetture; tale obbligo, comunque, se può fondare una eventuale responsabilità civile e/o penale in capo all’amministrazione comunale per i danni che dovessero derivare agli utenti della strada, non fonda al contempo un obbligo giuridico di provvedere mediante previsione dell’intervento urbanizzativo negli atti di programmazione, trattandosi, invero di mera attività materiale (sistemazione della strada) a fronte della quale non è configurabile, ontologicamente, un’attività di tipo provvedimentale, l’unica perseguibile con lo strumento del silenzio-inadempimento” . Da qui è evidente come il medesimo principio, che individua l’obbligo di manutenzione e custodia della strada in capo al Comune, possa essere analogicamente applicato allo Stato per ciò che concerne la cura e la manutenzione del ponte in questione, stante la natura demaniale del medesimo.